Chiara Bernasconi, «La condivisione dell’esperienza del tempo nelle immagini di Matilde Soligno»
Chiara Bernasconi_Digital media project manager, MoMA, NYC
La condivisione dell’esperienza del tempo nelle immagini di Matilde Soligno
La fotografia come mezzo per pensare, per osservare in modo mediato, e per meditare sul mondo che ci circonda. Il tentativo è di fare il più possibile chiarezza, togliendo la figura umana e osservando una staticità a volte creata a volte naturale, ricercando nei posti più insperati un tempo sospeso. La contemporaneità non viene rappresentata dal tuffarsi nel vortice delle persone e degli avvenimenti, ma piuttosto da quegli scenari che collegano il nostro essere ora e oggi al passato – e al futuro – in un rapporto ambiguo, fatto di ricordo e attesa. Chi guarda si trova di fronte a un problema di definizione di questi «paesaggi», rappresentati come reali ma allo stesso tempo evocativi di atmosfere «oltre».
Ognuno può rispecchiarsi nella stessa esperienza che ha fatto scaturire la necessità di riflettere sulle cose, in una sorta di moto circolare che parte dalla percezione di immagini e che arriva alla creazione di immaginari metafisici che sollevano continui interrogativi e speculazioni. L’immagine è composta e quadrata, ma senza un punto di fuga definito. Ogni spazio, anche tra i più apparentemente insignificanti, diventa un insieme pregno di implicazioni non dette, da indagare a lungo.
Fil rouge di questa ricerca è «il tempo, così come viene creato da un’immagine. Attraverso luce e costruzione dell’inquadratura voglio restituire un’impressione di durata, di tempo espanso, legato alla percezione umana, a ciò che trasforma uno scorrere indeterminato di punti in un’immagine tolta alle profondità del tempo e fatta significare».
Nella serie «This Island Earth», il cui titolo è mutuato da un lungometraggio di fantascienza degli anni cinquanta, i luoghi sono rappresentati riprendendo i resti di un passato industriale. Nonostante l’immobilità della scena, attraverso l’attenzione formale che emerge dalla ripetizione modulare di forme astratte, dalle texture di superfici grezze, luoghi in rovina diventano immaginari distintamente contemporanei, ambienti sepolti e riscoperti, visti al di là di ogni giudizio sulla realtà sociale che li circonda.
In «Dal tempo» sono ritratti paesaggi in un tempo sospeso, dove le atmosfere nebbiose e rarefatte di certe periferie indistinte si confondono con lo stato d’animo di chi osserva intorpidito, come se fosse possibile isolarsi in questi luoghi, rimanere in un’atmosfera ovattata, quasi ci fosse neve ad attutire ogni rumore proveniente dall’esterno.
Nella serie «Immaginari interiori» all’elemento temporale astratto si aggiunge in modo ancor più evidente quello coscienziale. Il fermarsi ad osservare la casa disabitata diventa apertura verso un «altro» tempo, quello della persona assente. E allora parte la ricerca del dettaglio, dell’indizio per confrontarsi con l’assenza, laddove anche gli elementi atmosferici, la luce e l’aria polverosa definiscono la necessità di fermarsi a riflettere, un invito a dare attenzione che costituisce ulteriore elemento caratterizzante di questi lavori.